L’ossessione per il Fashion Entertainment

Perché i conglomerati del lusso stanno investendo sempre di più in documentari e serie tv?

Sembrano ormai lontani i tempi in cui la vita e le creazioni dei couturier erano avvolte da un velo di mistero. Le storiche maison custodivano gelosamente i segreti dei loro fondatori, dosando con parsimonia ogni informazione che trapelava. Tuttavia, da un paio di anni, qualcosa è cambiato. L’aumento dei prodotti cinematografici che mettono la moda al centro della narrazione ha rivoluzionato il rapporto tra le maison e coloro che, fino a poco tempo fa, potevano conoscerle solo guardando le sfilate dallo schermo di un cellulare. Ma ora, le cose sono diverse. È possibile sapere molto di più, e non solo in fatto di capi di abbigliamento. 

Perché Oggi e non Ieri?

Il sorprendente successo degli ultimi tempi è il risultato di una lunga evoluzione nel mondo dei media, in particolare del piccolo schermo, iniziata nel nuovo millennio. Quando “Sex and The City” chiuse i battenti nel 2004 dopo sei stagioni di trasmissione, la TV rimase orfana della prima serie capace di convertire gli spettatori in abili consumatori. Accessori e capi di abbigliamento diventarono oggetti del desiderio, tanto che l’interesse per le iconiche décolleté di Manolo Blank indossate da Carrie Bradshaw, spinse il designer a lanciare una linea ispirata alla serie qualche anno dopo. Tuttavia, il primo vero esempio di e-tailing si registrò con “Gossip Girl” tra il 2007 e il 2012; per la prima volta, gli spettatori potevano acquistare istantaneamente capi e accessori visti negli episodi tramite link su siti di moda come Celebrity Style Guide.

Lo stile delle protagoniste di Sex and the City.

Questa interazione diretta tra il mondo della moda e la televisione ha giocato un ruolo significativo nell’aumentare la popolarità e nell’espandere l’influenza della moda attraverso i media. Nel 2006, questo trend è stato ulteriormente rafforzato con l’uscita de “Il Diavolo veste Prada”, seguito da una serie di documentari che raccontavano la moda in maniera meno mitizzata e più disincantata, tra cui “The September Issue” del 2009, “Diana Vreeland: l’imperatrice della moda” del 2011, “Valentino: the Last Emperor” del 2008, e “Dior and I”, del 2014.

Tutti prodotti cinematografici, questi, che hanno costruito le loro trame intorno a redazioni iconiche come quella di Vogue o a creatori affermati come Valentino, attirando principalmente l’attenzione degli addetti ai lavori. Tuttavia, l’avvento di programmi televisivi come “America’s Next Top Model”, “Project Runway” e “Next in Fashion” hanno rappresentato una svolta, perché capaci di descrivere il fashion system in modo più realistico e accessibile, rendendolo più comprensibile a un pubblico più ampio.

E qui risiede il punto di svolta. Il pubblico desidera storie vere e ha bisogno di trovare un briciolo di autenticità in un mondo spesso considerato superficiale e futile. Quando gli spettatori entrano in contatto con le storie più intime e segrete di una casa di moda o di uno stilista, si sentono accolti anziché respinti, come spesso accade nel mondo della moda. Questa nuova ondata che rende l’heritage di una maison più accessibile dei suoi abiti e dei suoi accessori, sembra essere la via più efficace oggi. Segno che i quasi vent’anni di esperimenti cinematografici hanno finalmente trovato pieno compimento. 

I documentari di oggi si distinguono intenzionalmente dal mero significato stilistico, coinvolgendo anche i detrattori della moda. Certamente non possiamo illuderci di essere qui solo per la profondità storica, ma anche per la curiosità del pubblico. La scelta degli attori più conosciuti, dei capi di abbigliamento divertenti e sublimi, e delle location suggestive svolge un ruolo fondamentale nel coinvolgere gli spettatori dal punto di vista visivo. Oltre a questo, il nuovo obiettivo sembra essere quello di arricchire la trama con accadimenti storici, politici e culturali che conferiscono alla moda un significato più profondo e universale.

Raccontare la carriera di Cristòbal Balenciaga senza specificare le scelte personali e lavorative subordinate alla Seconda guerra mondiale sarebbe insignificante. Così come lo sarebbe raccontare la carriera di Coco Chanel senza testimoniare la sua avversione per i corsetti striminziti che la spinsero a rivoluzionare l’abbigliamento femminile e a liberare la donna. 

E a proposito di questi due esempi, non è un caso che i più recenti documentari siano contestualizzati a metà del Novecento. La moda di quel periodo, infatti, è considerata quasi mitologica perché capace di formare i talenti più conosciuti al mondo, come Coco Chanel e Christian Dior. Non erano solo grandi nomi, ma grandi personaggi. All’indomani del secondo conflitto mondiale si disse di Dior che sarebbe stato più riconoscibile persino di Charles De Gaulle o Jean-Paul Sartre. Di Chanel, invece, si racconta del suo savoir faire nei circoli elitari del tempo, capace di ispirare sconosciuti e amici, come Dior e Balenciaga. La loro grande amicizia viene raccontata in maniera inedita, appassionando gli spettatori puntata dopo puntata.

Cristobal Balenciaga descritto nel documentario come uno stilista schivo e riservato.

Le sfumature sono innumerevoli, dalla scelta di Balenciaga di lasciare la Spagna durante la Guerra Civil, all’equivoca e discussa collaborazione che Chanel ebbe coi nazisti, specialmente con l’ufficiale comandate delle SS Heinrich Himmler; dalla volontà dei nazisti di trasferire l’haute couture in Germania alla resilienza dei couturier francesi che non si diedero per vinti. 

Insomma, questi show mettono in luce ciò che gli appassionati di moda sanno da tempo: che la moda è intrinsecamente modellata dal suo contesto sociale, politico e storico, e che gli stilisti sono, o erano, come noi. A volte felici, altre volte insoddisfatti o depressi, altre ancora insicuri, e certamente molto competitivi. Erano persone più comuni di quanto pensiamo, ma con un gusto migliore e amici più eleganti.

C’entra la crisi economica e il mondo in cui viviamo?

Uno studio condotto dalla casa di produzione e distribuzione cinematografica e televisiva Warner ha rivelato un fenomeno interessante: i picchi di interesse nei film di moda sembrano coincidere con periodi di crisi economica. Non si tratta di una novità: durante la Grande Depressione, ad esempio, i film hollywoodiani come “Stolen Holiday”, furono concepiti per incentivare le vendite nei grandi magazzini, contribuendo così a rilanciare l’economia.

E oggi?

Oggi ci troviamo di fronte a una crisi del costo della vita e a un’emergenza climatica preoccupante. L’industria della moda, con il suo impatto significativo sulle emissioni globali, è sotto accusa e sa di doversi impegnare. In questo contesto, non si può escludere l’idea che documentari e serie TV sulla moda siano in parte una risposta a queste sfide, oltre che un tentativo di gestire l’immagine dell’industria stessa. 

Questi grandi marchi, in mano ai due principali conglomerati del lusso Kering e LVMH, hanno un enorme seguito sui social. Ai piani alti hanno pensato che quei milioni di seguaci potessero essere interessati a conoscere una storia molto approfondita e dettagliata dei fondatori che non si era mai vista prima. 

Al tempo stesso, oltre a dissetare la curiosità del pubblico, gli stessi conglomerati avranno ben pensato di dissetare anche se stessi, incassando guadagni, ricevendo più follower, e leggendo articoli della press dedicati a loro. In una parola: marketing, colui che tutto muove nel mondo della moda. Se un marchio trova la giusta collaborazione con una piattaforma solida e importante, essa si potrà tramutare in un’ottima occasione per crescere o rafforzarsi. Netflix, Disney+, Sky, Prime Video o Paramount hanno la capacità di raccontare divinamente queste storie, trasformandole in prodotti avvincenti. 

Sta poi al fruitore estrapolare i giusti valori. Ad esempio, capire quanta minuzia, quanta fatica e quanta attenzione servono per realizzare un capo interamente a mano. In un’epoca dominata dalla produzione di massa e dalle logiche iper-veloci del fast fashion, questi documentari ci portano dietro le quinte degli atelier parigini, dove maestri artigiani dedicano ore e ore di lavoro meticoloso alla creazione di capolavori unici. Ci mostrano il valore del tempo e della pazienza necessari per ogni dettaglio, che vanno dalla scelta dei tessuti alla lavorazione dei ricami, dalla precisione dei tagli alla perfezione delle cuciture. Ma ci ricordano anche l’importanza della qualità sopra la quantità, della sostenibilità sopra lo spreco. Ci incoraggiano a riflettere sulle nostre scelte di consumo e sull’impatto che hanno sull’ambiente e sulla società nel suo complesso.

Inoltre, ci invitano a esplorare il valore intrinseco dell’artigianato e della creatività, incoraggiandoci a riconoscere e apprezzare il lavoro e il talento dietro ogni capo di abbigliamento. Ci ispirano a cercare la bellezza e l’autenticità nelle cose che scegliamo di indossare, e ci spingono a considerare il nostro ruolo come consumatori consapevoli e responsabili nella costruzione di un futuro più sostenibile e solidale.

Perché se è vero che non ci possiamo permettere un capo di alta moda, è altresì vero che basta adottare pratiche di consumo volte alla valorizzazione di chi le produce e di chi le indossa. Anche questo è un piccolo, grande passo. Perché in fondo la moda non è solo un’industria, ma anche un’espressione artistica e culturale che riflette i valori e le aspirazioni della società in cui viviamo. 

E allora guardiamo più documentari, non solo per intrattenerci, ma anche per imparare, riflettere e ispirarsi. È un’opportunità per abbracciare la creatività e il lavoro artigianale che caratterizzano il mondo della moda, mentre ci spingono a considerare il nostro ruolo in esso e come possiamo contribuire a un futuro migliore.

Lo storytelling che inevitabilmente allunga la lista dei documentari sulla Moda:

2024

  • Cristobal Balenciaga su Disney+ 
  • Coco Chanel – Senza Segreti su Sky
  • High & Low: John Galliano (arriverà in primavera)
  • Kaiser Karl su Disney+ (arriverà in primavera)
  • La Maison su Apple TV (arriverà in primavera) – racconta la storia della casa di moda francese LeDu
  • Milano: The Inside Story of Italian Fashion
  • Moda – Una rivoluzione italiana su Sky
  • The New Look su Apple TV – racconta la storia di Christian Dior

2022

  • Kingdom of Dreams su Prime Video – cronaca della moda dai primi anni Novanta al 2010
  • Scouting for Models: Il volto oscuro della moda su Sky

2021

  • Halston su Netflix

2020

  • Christian Dior, Designer of Dreams su Youtube

2019

  • Wonder Boy: Olivier Rousteing su Netflix – racconta la vita dello stilista all’epoca direttore creativo in carica di Balmain

2018

  • 7 Days Out su Netflix – racconta la sfilata Couture Spring 2018 di Chanel
  • Alexander McQueen – il genio della moda su Prime Video
  • The Assassination of Gianni Versace su Netflix
  • Being Missoni, fashion memories from the future 

2017

  • Azzedine Alaia
  • Manolo: The Boy Who Made Shoes For Lizards su Netflix

2016

  • Anna Piaggi – Una visionaria della moda su RaiPlay
  • Franca, Chaos and Creation del 2016 su Netflix e Prime Video – racconta la carriera di Franca Sozzani

2015

  • Discovering Christian Dior su Amazon Prime
  • Discovering Givenchy su Amazon Prime
  • Discovering Tom Ford su Amazon Prime
  • Discovering Yves Saint Laurent su Amazon Prime 
  • Jeremy Scott: The People’s Designer su Netflix e Youtube

2014

  • Advanced Style – Le signore dello stile su Youtube
  • Dior and I su Prime Video – racconta la creazione della sfilata Haute Couture del 2012 con Raf Simons 

2011

  • Diana Vreeland – L’imperatrice della moda su Youtube

2010

  • Yves Saint Laurent: L’amour Fou

2009

  • The September Issue

2008

  • Saga John Galliano su Youtube 
  • Valentino: The Last Emperor

2007

  • Lagerfeld Confidential
  • Marc Jacobs Louis Vuitton
  • The Secret World of Haute Couture

2005

  • Christian Dior: The Man Behind the Myth

2000

  • Boss Women: Anna Wintour del 2000
The September Issue, 2009.

News della settimana:

  • Puntuale l’annuncio di ieri relativo all’uscita di un documentario realizzato da Gucci e dedicato al suo direttore creativo Sabato De Sarno
  • È in arrivo anche un documentario su Karl Lagerfeld, e c’è da tremare se si pensa ai miti da sfatare legati alla sua persona
  • Non si smette di parlare della Air Swipe Bag di Coperni: 99% aria e 1% vetro realizzata in aerogel nanomateriale in silice creata dalla Nasa per catturare polvere di stelle. Si tratta del solido più leggero al mondo e dell’oggetto più grande ad essere stato realizzato con questo non-materiale tecnologico sviluppato dal Professor Ioannis Michaloudis. Prezzo: 40.000 Euro.

Spero che la riflessione relativa al Fashion Entertainment sia stata interessante. Ci sono pochi articoli a riguardo sulle pagine online e offline che si occupano di moda in Italia quindi ho cercato di leggere testate internazionali per argomentare un tema super attuale di cui avevo interesse io per prima.

5 commenti su “L’ossessione per il Fashion Entertainment”

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